corsa, emozioni, running, solidarietà

Un sorriso che non si può dimenticare…

La sala è quasi piena, siamo tutti in attesa del suo arrivo. E quando raggiunge l’ingresso, quasi non me ne accorgo, solo il silenzio dell’attesa e un lieve brusio.

Giusy Versace

Lei è bellissima, cammina perfettamente e sorride. Un sorriso che esprime mille parole. Ed inizia il suo racconto, la sua testimonianza di vita.

Giusy Versace ha 28 anni, è nel pieno della sua vita: è bella, felicemente fidanzata, è una donna in carriera, vive in una stupenda famiglia ed è circondata da tantissimi amici. Il 22 agosto del 2005 decide di interrompere le sue vacanze estive per un imprevisto appuntamento di lavoro, noleggia una macchina ed imbocca la Salerno-Reggio Calabria. Ma a quell’appuntamento non arriverà mai, perché all’uscita di una galleria viene travolta da un temporale fortissimo che le fa perdere il controllo dell’auto, sbatte violentemete contro il guardrail che finisce sotto lo sterzo dell’auto, proprio all’altezza delle sue gambe.

In una frazione di secondo, Giusy si rende conto di quello che le è accaduto. In quel preciso istante deve decidere cosa fare: lasciarsi morire o affrontare la realtà. Capisce che la paura di morire è uguale alla voglia di vivere. Cerca di uscire dall’abitacolo, con le poche forze che le restano. Con la voce rotta dall’emozione, ci racconta di come inizia a pregare la Madonna, perché le dia la possibilità di trovare un modo per avvisare suo papà, perché lui saprebbe cosa fare, e perché ha paura che l’auto stia per esplodere e nessuno saprà mai che in quell’auto bruciata c’era lei. Finché arriva Salvatore, il primo automobilista che si ferma a soccorrerla, che  avvisa subito il padre di Giusy e chiama i soccorsi.

Quando riapre gli occhi, Giusy è nel reparto di rianimazione dell’Ospedale di Cosenza. E da qui inizia la sua avventura: i giorni in rianimazione, le notti in bianco perché non riesce a dormire e l’insonnia la tormenta, ed ogni volta che ci prova ha paura che se chiude gli occhi, muore. Giusy racconta del lunghissimo periodo vissuto presso il Centro protesi Inail di Budrio, a Bologna. Guarda le persone che la circondano: sono tutti disabili e amputati come lei, e la prima impressione che ha è quella di essere circondata da “mostri”. Come lei.

Lancia un messaggio forte:

la gente ha paura del “diverso”, la gente guarda perché non è abituata a vedere e non sa guardarti. Se ti poni in modo naturale anche gli altri ti percepiscono in modo naturale.

Ascolto con commozione il suo racconto. E mi chiedo come possa, questa Donna che è qui davanti a me, ad aver trovato la forza per vivere e superare tutto questo. E soprattutto, come possa sorridere così, e trasmettermi tutta la serenità e la grinta con cui me ne torno a casa.

Ho appena iniziato a leggere il suo libro, la storia della sua nuova vita: Giusy ora ha fondato una Onlus per dimostrare che “loro” esistono e per dare un’opportunità di vita migliore a chi ne ha bisogno. E corre. Ha iniziato per curiosità, per il gusto di farlo, perché lo sport è una grande terapia, aiuta a superare i propri limiti. Perché “se vuoi, puoi”!

E ci ha preso gusto! Giusy corre così forte che è Campionessa Italiana dei 200 e dei 100 metri. Guardate qui:

Non sono riuscita a non commuovervi, guardando Giusy in azione. Perché so quanta fatica si fa, per ottenere certi risultati. Non posso nemmeno immaginare quanti ne debba fare lei, ogni giorno, con le sue “gambe da corsa”.

E soprattutto, penso che il suo libro non poteva avere titolo migliore, perché davvero “con la testa e con il cuore si va ovunque”.

Con la testa e con il cuore si va ovunque: Storia della mia nuova vita (Ingrandimenti)

Questa è la dedica che mi ha fatto, e che farò leggere presto ai miei figli.

dedica

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